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Diritto Penale dell'Impresa
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Legittimità
Wednesday 29 July 2015
Equa riparazione nel processo penale: intervento della Consulta.
Processo penale - Equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo .
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2-bis, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile), nella parte in cui prevede che il processo penale si considera iniziato con l’assunzione della qualità di imputato, ovvero quando l’indagato ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari, anziché quando l’indagato, in seguito a un atto dell’autorità giudiziaria, ha avuto conoscenza del procedimento penale a suo carico. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Corte Costituzionale, 23 July 2015, n. 184.
Monday 27 July 2015
Il giornale on line è soggetto alla stessa disciplina di quello cartaceo.
Stampa - Testata giornalistica telematica - Concetto ampio di stampa - Applicazione della normativa che disciplina l'attività d'informazione professionale diretta al pubblico
Stampa - Giornale on line - Sequestro preventivo - Esclusione.
La testata giornalistica telematica, in quanto assimilabile funzionalmente a quella tradizionale, rientra nel concetto ampio dl 'stampa' e soggiace alla normativa, di rango costituzione e di livello ordinario, che disciplina l'attività d'informazione professionale diretta al pubblico. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Il giornale on line, al pari di quello cartaceo, non può essere oggetto di sequestro preventivo, eccettuati i casi tassativamente previsti dalla legge, tra i quali non è compreso il reato di diffamazione a mezzo stampa. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione penale, 17 July 2015, n. 31022.
Monday 08 June 2015
Trasmissione delle dichiarazioni e violazioni commesse dagli intermediari: si applica il cumulo giuridico e quindi la sanzione per la violazione più grave aumentata fino al doppio.
Intermediari - Trasmissione delle dichiarazioni - Distinzione tra violazioni formali e non formali - Ammissibilità
Sanzioni tributarie - Disposizioni generali - Interpretazione dell'articolo 12 del D. Lgs n. 472 del 1997 - Violazione della medesima disposizione - Distinzione tra unica azione od omissione o più omissioni della medesima disposizione - Irrilevanza.
Nell'ambito delle infrazioni commesse dall'intermediario, è possibile distinguere le violazioni formali da quelle non formali ed anche individuare quelle "meramente formali" di cui all'ultimo comma dell'art 6 del D. Lgs 472/1997, in quanto sono ipotizzabili fattispecie in cui la condotta dell'intermediario agevola l'evasione o comunque determina un minor incasso erariale (infrazioni non meramente formali) ed ipotesi in cui tale condotta arreca solo un qualche ritardo o difficoltà alle operazioni di accertamento o riscossione (infrazioni formali). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
L'articolo 12 del D. Lgs n. 472 del 1997, nella parte in cui prevede che "è punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata fino al doppio, chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni della medesima disposizione" deve essere interpretato nel senso che diviene irrilevante stabilire se le diverse violazioni della medesima disposizione sono frutto di un'unica omissione oppure di più omissioni della medesima disposizione. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. VI, 05 June 2015, n. 11741.
Monday 08 June 2015
Omesso versamento di ritenute fino al 17 settembre 2011 e disparità di trattamento rispetto ai più gravi delitti di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione.
Reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto - Art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 - Questione di legittimità costituzionale - Disparità di trattamento - Omesso versamento delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti - Esclusione.
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale - violazione dell'art. 3 della Costituzione per la irragionevole disparità di trattamento della fattispecie considerata sia rispetto ai più gravi delitti di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione (artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 74 del 2000), integrati da condotte maggiormente insidiose e lesive degli interessi del fisco; sia rispetto alla fattispecie criminosa analoga dell’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), prevista dall’art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000, quale risultante a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale parziale di cui alla sentenza n. 80 del 2014 di questa Corte - dell’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso versamento delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti – ovvero l’omesso versamento «di ritenute certificate, dovute in base alla relativa dichiarazione annuale» – per importi non superiori, per ciascun periodo d’imposta, ad euro 50.000, anziché ad euro 103.291,38. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Corte Costituzionale, 05 June 2015, n. 100.
Monday 30 March 2015
Sequestro penale di beni acquisiti dalla massa attiva del fallimento: legittimazione del curatore ad impugnare il sequestro e competenza del giudice penale ad accertare la buona fede dei terzi.
Responsabilità amministrativa delle società e degli enti - Sequestro e confisca - Rapporti con la procedura fallimentare - Acquisizione dei beni oggetto di sequestro finalizzato alla confisca alla massa attiva del fallimento - Comparazione tra i contrapposti interessi - Legittimazione del curatore all'impugnazione del provvedimento di sequestro - Verifica delle ragioni dei terzi di buona fede - Competenza del giudice penale.
Il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione contro il provvedimento di sequestro adottato ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 231 del 2001.
La verifica delle ragioni dei terzi al fine di accertare la buona fede spetta al giudice penale e non al giudice fallimentare. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione penale, 17 March 2015, n. 11170.
Wednesday 11 March 2015
Omesso versamento dell'Iva e causa di forza maggiore.
Imposta sul valore aggiunto - Omesso versamento - Applicazione alle omissioni relative all'anno 2005 - Forza maggiore - Requisiti - Esclusione.
Il reato di omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto (art. 10-ter D.Lgs. n. 74 del 2000), entrato in vigore il 4 luglio 2005, che punisce (il mancato adempimento dell'obbligazione tributaria entro la scadenza del termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta dell'anno successivo, è applicabile anche alle omissioni dei versamenti relativi all'anno 2005, senza che ciò comporti violazione dei principio di irretroattività della norma penale.
In ordine al reato in questione, si osserva che:
a) il margine dì scelta esclude sempre la forza maggiore perché non esclude la suitas della condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all'adempimento dell'obbligazione tributaria penalmente rilevante non può pertanto essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta o di una politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non si può invocare la forza maggiore quando l'inadempimento penalmente sanzionato sia stato con-causato dal mancato pagamento alla singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità; d) l'inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all'imprenditore il quale non abbia potuto porvi tempestivamente rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. III, 25 February 2015, n. 8352.
Wednesday 01 July 2015
Nel processo instaurato per l'accertamento della responsabilità da reato dell'ente, non è ammissibile la costituzione di parte civile.
Responsabilità da reato dell'ente - Costituzione di parte civile - Esclusione.
Nel processo instaurato per l'accertamento della responsabilità da reato dell'ente, non è ammissibile la costituzione di parte civile, atteso che l'istituto non è previsto dal D.Lgs. n. 231 del 2001, e l'omissione non rappresenta una lacuna normativa, ma corrisponde ad una consapevole scelta del legislatore.
In particolare, la parte civile non è menzionata nella sezione 2^ del capo 3^ del decreto dedicata ai soggetti del procedimento a carico dell'ente, nè ad essa si fa alcun accenno nella disciplina relativa alle indagini preliminari, all'udienza preliminare, ai procedimenti speciali, alle impugnazioni ovvero nelle disposizioni sulla sentenza, istituti che, invece, nei rispettivi moduli previsti nel codice di procedura penale contengono importanti disposizioni sulla parte civile e sulla persona offesa.
Peraltro, accanto alla materiale "assenza" di riferimenti riguardanti la parte civile, il D.Lgs. n. 231 del 2001, contiene alcuni dati specifici ed espressi che confermano la volontà di escludere questo soggetto dal processo. Da un lato, vi è l'art. 27, che nel disciplinare la responsabilità patrimoniale dell'ente la limita all'obbligazione per il pagamento della sanzione pecuniaria, senza fare alcuna menzione alle obbligazioni civili; dall'altro lato, appare particolarmente significativa la regolamentazione del sequestro conservativo, di cui all'art. 54. L'omologo istituto codicistico di cui all'art. 316 c.p.p., pone questa misura cautelare reale sia a tutela del pagamento della "pena pecuniaria, delle spese del procedimento e di ogni altra somma dovuta all'erario", sia delle "obbligazioni civili derivanti dal reato", in quest'ultimo caso attribuendo alla parte civile la possibilità di richiedere il sequestro; invece, il citato D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 54, limita il sequestro conservativo al solo scopo di assicurare il pagamento della sanzione pecuniaria (oltre che delle spese del procedimento e delle somme dovute all'erario), sequestro che può essere richiesto unicamente dal pubblico ministero.
Anche qui il legislatore ha compiuto una scelta consapevole, escludendo la funzione di garantire le obbligazioni civili, funzione che, nella struttura della norma codicistica, presuppone la richiesta della parte civile (Cass., Sez. 6, Sentenza n. 2251/2010, cit.).
Deve dunque conclusivamente affermarsi, sulla base della disciplina positiva richiamata, come la costituzione di parte civile nel processo penale per la rivendicazione del risarcimento dei danni nei confronti dell'ente responsabile ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, non sia ammessa, con la conseguente nullità della corrispondente ammissione avvenuta nel corso del presente giudizio e della successiva condanna dell'ente al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione penale, 27 January 2015, n. 3786.
Monday 09 February 2015
Blindatura in trust dei beni immobili acquistati con il denaro ricavato dall'evasione tributaria e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte - Blindatura in trust dei beni immobili acquistati con il denaro ricavato dall'evasione tributaria - Reato di cui all'articolo 11 d.lgs 74/200.
Integra la fattispecie del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 74 del 2000, la condotta di colui che compie un'operazione di dismissione del patrimonio personale conclusasi con la "blindatura" in trust dei beni immobili acquistati con il denaro derivante dall'evasione tributaria. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Cassazione penale, 26 January 2015, n. 3416.
Wednesday 17 December 2014
Omesso versamento di ritenute e causa di forza maggiore: l'evento deve essere inevitabile ed indipendente dalla volontà dell'agente.
Omesso versamento di ritenute - Causa di forza maggiore - Omessa riscossione di crediti - Rateizzazione dell'importo dovuto - Irrilevanza - Verificarsi di una situazione di crisi finanziaria - Irrilevanza - Indagine sulle cause e la tempistica dell'esimente - Necessità - Forza maggiore quale elemento inevitabile - Onere della prova.
Il reato di mancato versamento, per un ammontare superiore ad euro 50.000, delle ritenute complessivamente risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti entro la scadenza del termine finale per la presentazione della dichiarazione annuale non può ritenersi escluso, ai sensi dell'articolo 45 c.p., a causa della mancata riscossione dei crediti vantati dalla società dell'indagato nei confronti di terzi e dall'aver concordato con l'Agenzia delle entrate un piano di rateizzazione del dovuto, in quanto il mero verificarsi di una situazione di crisi finanziaria non comporta automaticamente la sussistenza di una condizione riconducibile a quella prevista dall'articolo 45 citato, assumendo rilevanza le cause e la tempistica di una tale evenienza, nonché le scelte in concreto operate dal soggetto agente. La forza maggiore, infatti, consiste in un evento di origine naturale o umana imprevedibile o, anche se preveduto, inevitabile, per cui essa non è invocabile nel caso in cui l'agente stesso si sia posto in condizioni di illegittimità, ponendo in essere una condotta non conforme alla legge o alle regole generali di prudenza e diligenza, con l'ulteriore precisazione che incombe su colui che invoca l'applicazione dell'esimente l'onere di allegare elementi precisi e specifici che consentano al giudice di verificare la sussistenza della forza maggiore o del caso fortuito. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Cassazione penale, 11 December 2014, n. 51436.
Wednesday 14 January 2015
La Cassazione valorizza la separazione patrimoniale e il vincolo di destinazione del trust anche ai fini della tutela penale.
Trust - Natura - Natura formale della intestazione al trustee - Costituzione di nuovo soggetto - Esclusione - Attribuzione al patrimonio destinato di un fine prestabilito - Perdita della disponibilità da parte del disponente - Formale disponibilità in capo al trustee per l'adempimento dello scopo
Trust - Schema negoziale recepito nell'ordinamento giuridico italiano - Autonomia del patrimonio - Potere-dovere del trustee di amministrare- Intestazione formale al trustee - Separazione dal patrimonio del trustee - "Incomunicabilità bidirezionale" tra il patrimonio separato e il patrimonio del soggetto che ne è titolare - Affidamento al trustee sulla base della fiducia
Fiducia - Assenza di rapporti negoziali tra fiduciario e fiduciante - Discrezionalità del fiduciario - Configurabilità di un trust interno
Trust - Tutela penale - Rilevanza del vincolo di destinazione che grava sui beni - Intestazione formale al trustee - Proprietà temporale diversa da quella di cui all'articolo 832 c.c..
Il trust non è un ente dotato di personalità giuridica, ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato formalmente intestati al trustee, che è l'unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, non quale legale rappresentante, ma come colui che dispone del diritto. Da ciò consegue che l'intestazione del patrimonio separato al trustee è meramente formale, in quanto i beni e i rapporti giuridici conferiti rimangono ancorati al fine determinato dal regolamento del trust, il cui scopo non è, pertanto, quello di dar vita ad un nuovo soggetto, ma unicamente quello di istituire un patrimonio destinato al fine prestabilito, fermo restando che il disponente, con la costituzione del trust, proprio in ragione dello scopo cui è destinato il complesso dei beni e rapporti giuridici, ne perde subito la disponibilità, potendo essergli riservati, nel regolamento del trust, solo poteri circoscritti o per lo più di controllo e, per la stessa ragione, il trustee ne acquista la formale disponibilità al fine di meglio adempiere allo scopo. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Lo schema del trust, così come riconosciuto e veicolato nel nostro ordinamento dalla giurisprudenza, mutua profili sostanziali dallo schema anglosassone, quali l'autonomia del patrimonio conferito, il potere-dovere del trustee di amministrare, gestire o disporre dei beni del trust (con l'obbligo di rendere il conto) l'essere i beni del trust intestati al trustee, ma esclusi dal patrimonio di quest'ultimo, andando a formare una massa autonoma e distinta secondo uno schema di separazione patrimoniale perfetta, intesa come "incomunicabilità bidirezionale" tra il patrimonio separato e il patrimonio del soggetto che ne è titolare, caratteristica, questa, che deriva dall' "affidamento" del diritto al trustee sulla base della fiducia che ispira il negozio. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Dalla fiducia deriva anche l'assenza di rapporti negoziali tra fiduciario e fiduciante e la assoluta discrezionalità di gestione del fiduciario, determinata dalla mancanza di precetti dettagliati, cosicché il riconoscimento di una intestazione meramente formale dei diritti al trustee stempera i dubbi sulla configurabilità di un trust interno a causa delle caratteristiche dei diritti reali dell'ordinamento giuridico italiano, in quanto queste problematiche perdono rilevanza nella realtà concreta a fronte dell'incisività innovativa delle caratteristiche proprie del negozio del trust e dell'agilità decisionale dispositiva, tesa al conseguimento dello scopo, consentita dalla particolare configurazione dei poteri del trustee. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Anche ai fini dell'inquadramento della tutela penale assumono rilevanza preminente, nell'interpretazione del negozio, sia il vincolo di destinazione che grava sui beni (il quale, determinandone la funzione economico sociale, ne impedisce la commistione con il patrimonio del trustee) sia l'esistenza di beneficiari del negozio fiduciario, a favore dei quali deve indirizzarsi tutta l'attività di gestione dei beni e rapporti conferiti nel trust, dovendosi attribuire all'intestazione formale del diritto di proprietà al trustee la valenza di una proprietà temporale, sostanziata dal possesso del bene, sicuramente diversa da quella delineata nell'articolo 832 c.c. e svincolata dal potere di disporre dei beni in misura piena ed esclusiva.
(Nel caso di specie, la Corte ha condiviso la decisione del tribunale del riesame, secondo la quale il potere esercitato dall'imputato come trustee sui beni conferiti in trust non era definibile come diritto di godere e disporre dei beni stessi in modo pieno ed esclusivo, concetto nel quale si sostanzia il diritto di proprietà secondo la nota di spedizione dell'articolo 832 c.c.; detto potere era piuttosto definibile come situazione reale di proprietà finalizzata e funzionale che si esercita su di un patrimonio separato ed autonomo rispetto a quello facente capo all'imputato, svincolato, come si è detto, dal programma fiduciario che il trustee ha l'obbligo di perseguire e che è senz'altro riconducibile al concetto generale di possesso penalmente rilevante di cui all'articolo 646 c.p.; la violazione di questo vincolo funzionale e la destinazione di beni conferiti in trust a finalità proprie del trustee o comunque a finalità diverse da quelle per realizzare le quali il trust è stato istituito concreta quella interversione nel possesso che costituisce l'essenza del diritto di cui all'articolo 646 c.p.). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Cassazione penale, 03 December 2014, n. 50672.
Friday 23 December 2016
Sequestro preventivo penale dei beni di società di capitali e posizione del custode giudiziario nel procedimento per dichiarazione di fallimento.
Fallimento - Procedimento - Audizione dell'imprenditore - Società con beni sottoposti a sequestro preventivo penale - Procedimento prefallimentare - Convocazione dell'amministratore - Sufficienza - Partecipazione del custode giudiziario dei beni - Necessità - Esclusione - Fondamento.
Il sequestro preventivo penale dei beni di una società di capitali non rende il custode giudiziario di tali beni contraddittore necessario nel procedimento diretto alla dichiarazione di fallimento, per la validità del quale è sufficiente la convocazione dell'amministratore della medesima società, che resta nella titolarità di tutte le funzioni non riguardanti la gestione del patrimonio. D'altronde, la stessa dichiarazione di fallimento non comporta l'estinzione della società, ma solo la liquidazione dei beni, con conseguente legittimazione processuale dell'organo di rappresentanza a difendere gli interessi dell'ente nell'ambito della procedura fallimentare, né reca alcun pregiudizio alla procedura di prevenzione patrimoniale diretta alla confisca dei beni aziendali (sia quando il fallimento sia stato pronunciato prima del sequestro preventivo, sia quando sia stato dichiarato successivamente), dovendo essere privilegiato l'interesse pubblico perseguito dalla normativa antimafia rispetto all'interesse meramente privatistico della "par condicio creditorum" perseguito dalla normativa fallimentare. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. VI, 04 November 2014, n. 23461.
Wednesday 18 March 2015
Sham trust e confisca per equivalente.
Confisca dei beni per equivalente - Trust - Beni conferiti rimasti nella disponibilità dell'indagato - Sham trust - Confisca - Ammissibilità.
Sono assoggettabili al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente i beni rientranti nella disponibilità dell'indagato, ancorchè conferiti in trust, che lo stesso continui ad amministrare conservandone la piena disponibilità.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che l'indagato non avrebbe mai perso la disponibilità dei beni conferiti in trust, continuando ad amministrarli ed esercitando sugli stessi un'effettiva "signoria di fatto". Indici di tale stato di fatto sono stati ritentuti: 1) i rapporti di stretta parentela tra tutti i soggetti coinvolti, specie la moglie dell'indagato quale trustee, così come il proprio legale di fiducia quale guardiano; 2) l'epoca di istituzione del trust, successiva di soli due mesi e dieci giorni al fallimento della società; 3) la precedente costituzione di società di fatto gestite dall'indagato e strumentali ai suoi interessi nel settore. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Cassazione penale, 29 October 2014, n. 1341.
Wednesday 12 November 2014
Accesso abusivo ad un sistema informatico e rilevanza delle disposizioni impartite dal titolare del sistema.
Accesso abusivo ad un sistema informatico - Pubblico ufficiale - Rilevanza delle disposizioni impartite dal titolare del sistema - Direzione finalistica della condotta soggettivamente intesa - Irrilevanza - Violazione della regola di imparzialità e trasparenza amministrative - Irrilevanza.
Si ha accesso abusivo ad un sistema informatico, rilevante ai sensi dell’articolo 645 ter c.p., sia quando l’gente violi i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema (nozione specificata, da parte della dottrina, con riferimento alla violazione delle prescrizioni contenute in disposizioni organizzative interne, in prassi aziendali o in clausole di contratti individuali di lavoro) sia allorquando si pongano in essere operazioni di natura ontologicamente diversa da quelle di cui l’agente è incaricato ed in relazione alle quali l’accesso era a lui consentito. Pertanto, il giudizio circa l’esistenza del dissenso del dominus loci deve assumere come parametro la sussistenza o meno di un’obiettiva violazione, da parte dell’agente, delle prescrizioni impartite dal dominus loci stesso circa l’uso del sistema e non può essere formulato unicamente in base alla direzione finalistica della condotta, soggettivamente intesa. Ad ulteriore precisazione, va precisato che vengono in rilievo al riguardo quelle disposizioni che regolano l’accesso al sistema e che stabiliscono per quali attività e per quanto tempo la permanenza si può protrarre, mentre devono ritenersi irrilevanti, ai fini della configurazione della fattispecie, eventuali disposizioni sull’impiego successivo dei dati. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Il parametro di riferimento per la valutazione dell’accesso abusivo ad un sistema informatico rilevante ai sensi dell’articolo 645 ter c.p. non è costituito dall’attività amministrativa, la quale persegue fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità, e trasparenza, bensì dalle disposizioni impartite dal dominus loci, non essendo identificabile l’abusività dell’accesso al sistema informatico nella violazione della regola di imparzialità e trasparenza che regge l’azione amministrativa. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione penale, 24 October 2014, n. 44390.
Monday 29 September 2014
La confisca deve rispettare il diritto delle banche vittime del reato di truffa che hanno iscritto ipoteca sui beni confiscati.
Confisca - Oggetto - Beni immobili - Ipoteche iscritte da banche vittime dei delitti di truffa - Cancellazione - Esclusione.
Gli istituti bancari rimasti vittime dei delitti di truffa o appropriazione indebita all’atto dell’erogazione di mutui, in forza dei quali erano state iscritte ipoteche di sugli immobili confiscati, devono essere considerati terzi estranei ai reati posti in essere dal soggetto nei cui confronti è applicata la misura di prevenzione patrimoniale e, pertanto, nei loro confronti non può essere ordinata la cancellazione della trascrizione dell’ipoteca nei registri immobiliari. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione penale, 31 July 2014, n. 34039.
Monday 23 June 2014
Falso profilo su social network: scatta il reato di sostituzione di persona.
Sostituzione di persona - Creazione e utilizzo di un "account" mediante abusivo utilizzo dell’effige di una terza persona - Reato - Sussistenza.
Integra il reato di sostituzione di persona (art. 494 cod. pen.), la condotta di colui che crei ed utilizzi un “profilo” su social network, utilizzando abusivamente l’effige di una persona del tutto inconsapevole, al fine di comunicare con altri iscritti e di condividere materiale in rete. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione penale, 16 June 2014, n. 25774.
Monday 01 September 2014
L’accordo di ristrutturazione dei debiti non inibisce le azioni esecutive penali.
Accordo di ristrutturazione dei debiti - Divieto di azioni cautelari ed esecutive - Oggetto del divieto - Azioni penali - Esclusione.
Le azioni cautelari ed esecutive che non possono essere iniziate e proseguite dopo la pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182 bis L.F. sono solo quelle di natura civilistica e non anche quelle penali. (Fattispecie in tema di sequestro preventivo per equivalente). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Cassazione penale, 12 June 2014, n. 24875.
Monday 22 September 2014
Usura in concreto: condizioni di difficoltà economica o finanziaria e dolo generico della consapevolezza della difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo e della sproporzione degli interessi.
Usura – Art. 644 c.p. – Usura in concreto – Condizioni di difficoltà economica o finanziaria – Carenza, anche solo momentanea, di liquidità – Valutazione in base a valorizzando parametri desunti dal mercato – Dolo – Consapevolezza della condizione di difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo e la sproporzione degli interessi.
Ai fini dell'integrazione dell'elemento materiale della c.d. usura in concreto (art. 644 c.p., commi 1 e 3, seconda parte) occorre che il soggetto passivo versi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria e che gli interessi (pur inferiori al tasso-soglia usurario ex lege) ed i vantaggi e i compensi pattuiti, risultino, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione.
In tema di c.d. usura in concreto (art. 644 c.p., commi 1 e 3, seconda parte) la 'condizione di difficoltà economica' della vittima consiste in una carenza, anche solo momentanea, di liquidità, a fronte di una condizione patrimoniale di base nel complesso sana; la 'condizione di difficoltà finanziaria' investe, invece, più in generale l'insieme delle attività patrimoniali del soggetto passivo, ed è caratterizzata da una complessiva carenza di risorse e di beni.
In tema di c.d. usura in concreto (art. 644 c.p., commi 1 e 3, seconda parte) le 'condizioni di difficoltà economica o finanziaria' della vittima (che integrano la materialità del reato) si distinguono dallo 'stato di bisogno' (che integra la circostanza aggravante di cui all'art. 644 c.p., comma 5, n. 3) perchè le prime consistono in una situazione meno grave (tale da privare la vittima di una piena libertà contrattuale, ma in astratto reversibile) del secondo (al contrario, consistente in uno stato di necessità tendenzialmente irreversibile, non tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, ma che comunque, comportando un impellente assillo, compromette fortemente la libertà contrattuale del soggetto, inducendolo a ricorrere al credito a condizioni sfavorevoli).
In tema di c.d. usura in concreto (art. 644 c.p., commi 1 e 3, seconda parte) le 'condizioni di difficoltà economica o finanziaria' della vittima (che integrano la materialità del reato) vanno valutate in senso oggettivo, ovvero valorizzando parametri desunti dal mercato, e non meramente soggettivo, ovvero sulla base delle valutazioni personali della vittima, opinabili e di difficile accertamento ex post.
In tema di cd. usura in concreto (art. 644 c.p., commi 1 e 3, seconda parte) il dolo generico, oltre alla coscienza e volontà di concludere un contratto sinallagmatico con interessi, vantaggi o compensi usurari, include anche la consapevolezza della condizione di difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo e la sproporzione degli interessi, vantaggi o compensi pattuiti rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione.
Cassazione penale, 07 May 2014, n. 18778.
Tuesday 03 June 2014
Omesso versamento dell'Iva e incostituzionalità dell'articolo 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 per fatti commessi prima del 17 settembre 2011 e per importi inferiori ad euro 103.291,38.
Omesso versamento dell'Iva - Reato di cui all'articolo 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 - Fatti commessi fino al 17 settembre 2011 - Omesso versamento per importi non superiori ad euro 103.291,38 - Illegittimità costituzionale.
È costituzionalmente illegittimo l’art. 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, ad euro 103.291,38.
Corte Costituzionale, 07 April 2014, n. 80.
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